Marco Cantini: la canzone d’autore che incontra la letteratura
Cantautore toscano di grande spessore lirico. Marco Cantini lo avevamo incontrato con un disco impegnativo, narrazione melodica attorno ai fatti italiani del ’77, tra una Bologna armata e il tramonto di una vita artistica come quella di Andrea Pazienza. Torna oggi a parlare e lo fa rispolverando un libro culto per la storia del nostro paese immerso negli anni del secondo conflitto mondiale. Libro culto, dicevamo, quello di Elsa Morante, “La storia”, romanzo che narra e inventa le vicende di una donna che con estrema resilienza e con pregiata moralità sfida la guerra in tutte le sue violente e ingovernabili manifestazioni. Appunto di resilienza ci si riempie scorrendo queste pagine ed è così che la canzone d’autore di Marco Cantini lo fa rivivere, descrivendone passaggi e personaggi, pescando qua e la dal romanzo e facendone un grande disco. Canzone difficile quella contenuta in questo “La febbre incendiaria”, pubblicazione di pregio della RadiciMusic Records, forse più difficile del precedente lavoro che attingeva a fatti di cronaca e di pubblico ampiamente conosciuti. Qui invece siamo lontani da una comprensione immediata, specie per chi non ha letto il romanzo della Morante. Nonostante questo, Cantini con la direzione artistica di Francesco Moneti dei Modena City Ramblers e Claudio Giovagnoli dei Funk Off, realizza un disco davvero godibile, dal suono straordinariamente curato nonostante si tratti di registrazioni live in studio, di tanti ospiti e di pitture dolcissime a mostrare una melodia ricamata senza fronzoli e trasgressioni. Non deve demoralizzare, anzi deve incuriosire e affascinare, partendo da un’estetica per niente lontana dai nostri cliché per quanto sia priva di riferimenti tradizionali. Ricorda la narrazione alla Lolli, salvo per il fatto che Cantini cura tanto più la melodia quanto l’intonazione vocale. Sottolineiamo anche la bellezza del disco, graficamente curato, arricchito da opere pittoriche curate dal padre, Massimo Cantini. Una bella intervista e il video di lancio del singolo “Un figlio”.
Marco Cantini mette in canzone Elsa Morante. Un disco impegnativo. Per quale motivo ti sei avventurato in questa direzione?
Considero “La Storia” un capolavoro senza tempo. Per questo mi è sembrata un’occasione irripetibile, una tappa obbligata nel mio percorso, specialmente per il momento storico che stiamo vivendo. Lo stesso Roberto Vecchioni, con il quale ho avuto la fortuna di parlare recentemente, mi ha detto che la mia è stata una bella idea. Anche se, lo ammetto, non aveva ancora ascoltato il disco.
“La Storia” è un romanzo che ancora oggi ha strascichi sociali non indifferenti. Hai cercato di sottolineare anche questo nel tuo disco?
Certamente. Non è un caso che questo aspetto sia presente in più di una canzone. D’altra parte, nella progressiva caduta dei suoi personaggi principali, l’aspetto sociale è profondamente rimarcato da Elsa Morante.
Letteratura e canzone. A questo punto non posso non chiederti: secondo te la canzone è letteratura? E la letteratura, può divenire canzone?
Canzone e letteratura sono due ambiti distinti, mondi diversi. Il testo di una canzone, almeno per il mio modo di intenderla, è per definizione sempre subordinato – lapalissianamente – ai dettami e alle esigenze che impone la musica. Solo ad essa deve rispondere, partendo chiaramente da solide basi: è evidente che se un testo è brutto, resta tale anche se musicato da un preludio di Chopin. Però, un testo di canzone non particolarmente suggestivo da leggere (e potrei citartene diversi), può divenire splendido e trovare grande forza se accompagnato dalla giusta musica. Ovviamente, vale anche il contrario.
Opere pittoriche che ti accompagnano sempre. Questa volta è il tuo babbo a firmare i disegni. Se non ricordo male anche nel tuo precedente lavoro hai impaginato il disco con disegni e opere di questo tipo. Che valore e che significato ha per te l’incontro di queste due discipline?
Sono particolarmente sensibile a queste forme d’arte, e credo sia giusto – ove possibile – dare qualcosa in più, in termini di bellezza, all’oggetto fisico che racchiude il cd. E per questo, ringrazio ancora l’enorme talento di mio padre.
Se non erro, leggendo la tua presskit, scopro che questo è un disco sostanzialmente ripreso dal vivo. Pochissime sovraincisioni e registrato con la band dal vivo in studio. Caspita complimenti… un tendenza esattamente opposta alla musica digitale di oggi che si sagoma con il computer. Anche questa è una scelta forte… come mai? Esiste un motivo sociale ed artistico o semplice contingenze?
Semplicemente una scelta ben ponderata assieme a Gianfilippo Boni e Fabrizio Morganti. Gianfilippo è un vero cultore della materia, Fabrizio uno straordinario musicista che – passatemi l’abusata metafora sportiva – gioca sempre per la squadra: i loro consigli si sono rivelati nuovamente preziosi. Registrare il disco in presa diretta, è stato un valore aggiunto. Soprattutto grazie agli eccellenti professionisti che ne hanno preso parte.
Il prossimo disco? Stai pensando a quale target culturale e letterario affidare la tua ispirazione?
Ho già pronta qualche nuova canzone, ma per adesso basta con i concept. Solo altre storie, e personaggi a me cari, di cui non ho ancora mai parlato.