Boda – Chupacabras
Stando a quanto scritto nel loro MySpace Boda è un progetto nato nel Bergamasco nel 2000: Davide canta, suona la chitarra e beve birra, Federica si occupa del basso e dell’asciugacapelli, Jacopo alla batteria colpisce il rullante e rolla cartine e quello che mi accingo a recensire è il loro terzo lavoro, registrato “alla casalinga” e, come si conviene ad un gruppo underground, con endemica carenza di mezzi.
Mentre seduto sul mio divano ascolto questo lavoro, forzatamente le orecchie mi costringono a fare un paragone con un’altra entità sorta dal Bergamasco, ovvero quei meravigliosi Verdena che tanto mi hanno inpressionato e commosso con il loro ultimo lavoro. C’è anche da dire che, per rispetto dei Verdena, ed anche dei Boda (che come tutti i musicisti underground e non, non apprezzeranno, credo, paragoni con chicchessia), le analogie si fermano alla provincia di provenienza e, questo è davvero indiscutibile, alla sonorità.
Ma andiamo per ordine e cominciamo ad analizzare questo lavoro dall’inizio: il suono. Se è vero come è vero che la registrazione è stata effettuata nella sala prove del terzetto, tra posaceneri ricolmi di mozziconi, lattine vuote sparse, il vago sentore di tabacco e rosmarino nell’aria, (scusate, ma è così che ricordo ogni sala prove in cui ho suonato… ;-))) allora siamo davvero di fronte ad un lavoro che ha un rapporto qualità/denaro investito notevole. Il suono, infatti, non fa mai pensare che il lavoro sia un demo, ma, appunto, un lavoro professionale, in cui la grossa mediosità generale sia voluta, così come la batteria un po’ piccola. Il suono è scarno, ma la voce non scompare mai nell’impasto delle chitarre distorte, la dinamica è buona, e pure l’immagine che si forma è bella ampia (ascoltate l’incipit di “Abe”). La batteria a volte si nasconde un po’, ma non si può avere quasi tutto spendendo quasi niente, no?
Le musica si allontana dai sopracitati Verdena, perchè purtroppo le composizioni non riescono ad avere “l’ampiezza di vedute” del disco dei conterranei, non le modulazioni, non il gioco tra le dissonanze e le tonalità. Vero è che se il punto di partenza può essere lo stesso, ovvero certo stoner rock almeno sonicamente, i Verdena si sono poi spostati più verso la psichedelia, mentre sembra che l’obiettivo dei Boda sia il grunge/punk. “Acre” inizia e sembra di ascoltare “Blues for the Red Sun” dei Kyuss, poi i Nirvana fanno capolino da “Sottovuoto”, gli Slayer (giuro!), seppur timidamente, da “Ali di Cartone”.
Certo questo disco non trasuda originalità, ma si fa scoltare con piacere, a volte con MOLTO piacere, come in “30 minuti dissolvenza” o “Acre”. Non si può parlare di tecnica musicale con i Boda, nessuno dei tre brilla per particolare perizia, la batteria raramente guizza, il basso fa il basso, la chitarra non ci commuove. E mi spiace fermarmi su questo punto, ma questo E’ il punto. Il punto debole di questi ragazzi, come di moltissimi musicisti cresciuti a pane e punk (o pane e rock, o pane e grunge, fate voi…) è andare avanti avanti senza una preparazione musicale adeguata, come se saper suonare non fosse fondamentale per confezionare un buon prodotto, o meglio per rendere al meglio le buone idee che uno ha in testa.
Probabilmente ci sono stati molti geni della musica che non sapevano molto di musica, che suonavano o suonano in modo naive, ma sono stati una minoranza. Una esigua minoranza. Sottovalutare la tecnica è un peccato veniale, che dimostra la stessa superficialità di chi pensa che sia sufficiente ad essere grandi musicisti.