Shostakovich / Kabalevsky – Sonate per cello e piano op. 40 :: Sonata per cello e piano op. 71
Fra le molte cose che i regimi totalitari del Novecento ebbero in comune, una delle non meno importanti fu l’avversione verso l’espressione artistica “non allineata” che sfociò, il più delle volte, in forme di repressione violente.
Non sfuggì alla regola l’Unione Sovietica, l’immenso paese da cui vengono Shostakovich (1906-1975) e Kabalevsky (1904-1987), i compositori delle sonate eseguite in questo cd.
Nel 1934, l’Unione degli scrittori sovietici discusse riunita in assemblea, della nuova arte rivoluzionaria, che pose sotto l’etichetta di realismo socialista, stilando la definizione di: “realismo nella forma e socialismo nel contenuto”. Dai libri di storia si ha l’impressione che il clima di allora fosse tutt’altro che di repressione, si direbbe piuttosto che gli artisti fossero animati da un genuino entusiasmo nei confronti della nuova dottrina politica. Ma con l’accettazione di un canone estetico “rivoluzionario” era stato tracciato un solco, e i solchi sono fatti per dividere… chi ha brama di potere lo sa benissimo. A partire dall’anno successivo qualcuno avrebbe provveduto a fare la conta di chi stava da una parte e chi dall’altra, e gli ingenui artisti “non allineati” avrebbero fatto pesantemente le spese del loro essere fuori dagli schemi. Il comportamento persecutorio nei confronti delle arti si perpetuò, con alterne vicende, per tutta la durata del regime comunista.
Il 25 dicembre 1934, quando la sonata op.40 per violoncello e pianoforte di Shostakovich fu eseguita per la prima volta a Leningrado, il compositore si trovava certamente in pieno nel clima del realismo socialista ma questo non aveva ancora dispiegato i suoi nefasti effetti. Anzi, ascoltando questa sonata si ha davvero l’impressione che il clima culturale sovietico fosse tutt’altro che imbalsamato.
Con l’op.40 Shostakovich compone con libertà ed entusiasmo rivoluzionario una sonata forse lontana dalle visioni “decadenti” di certa arte occidentale (Pierrot Lunaire di Schönberg è del 1912) ma certamente estremamente moderna in equilibrio come è, fra Brahms, Stravinsky e il Jazz.
L’op.40, insomma, dà esattamente la sensazione di quanto il giovane compositore fosse immerso nelle nuove tendenze musicali della sua epoca. La sonata, che ebbe un’elaborazione piuttosto travagliata e varie modifiche, tanto che l’edizione considerata definitiva risale al 1982, è di un’estrema godibilità, cui contribuisce anche la bellissima esecuzione del duo Destefano Barboro, fluida ed appassionante, di cui mi piace ricordare in particolare i due movimenti finali: il Largo, dove il violoncello diventa davvero un attore che declama un monologo dolente e l’Allegro che chiude la composizione in un clima vorticosamente sarcastico.
L’altra composizione contenuta nel cd, la sonata per violoncello e pianoforte op.71 di Dimitri Kabalevsky, è di molto posteriore a quella di Sciostakovich, ma bisogna leggere le note per accorgersene.
Dmitry Kabalevsky può essere definito un “allineato”: prima allievo e poi insegnante del conservatorio di Mosca (dal 1939) fu segretario dell’Unione del Compositori dal 1952. Le sue composizioni si contraddistinguono per una visione priva di problemi ed appartenente ad un tardo (molto tardo) post-romanticismo con qualche influenza impressionistica. Comunque si rimane sorpresi quando, leggendo le note si scopre che la composizione è del 1962, perché ‘a orecchio’, la si situerebbe, al massimo, negli anni trenta del Novecento e non certo dopo la scuola di Darmstadt, dopo la musica elettronica, negli anni in cui erano attivi ed affermati compositori come Berio, Messiaen, Britten e Ligeti. Ma modernità e problematicità a parte, all’ascolto la sonata op.71 è piacevole e certamente meritevole di un’esecuzione come quella registrata in questo cd:molto sentita ed estremamente convincente.
Termino con i complimenti alla RS, che non solo raggruppa, al di fuori dei soliti nomi noti, esecutori di prim’ordine, ma che attua anche una politica coraggiosa proponendo composizioni poco frequentate e, spesso, assai interessanti.
Maurizio Germani