The Mars Volta – Frances the Mute
Nel 2005 questo disco mi riconciliò con il rock. In effetti era qualche anno che le nuove uscite non mi emozionavano, che questo genere, sia pure nelle sue svariate sfaccettature, non mi regalava emozioni ed innovazioni.
Conoscevo gli At The Drive In, prima incarnazione di questa band, più spostati verso un grunge che faceva l’occhiolino al post-rock e che, in generale, poteva risultare noioso. Ma questo disco è diverso.
Già con il precedente, De-loused in Comatorium, Omar a Rodriguez-Lopez e Celdric Bixler Zavala si erano divisi i compiti: il primo scrive ogni nota della musica, il secondo ci spalma sopra le liriche, e le cose funzionano alla grande. Il disco è un concept, ispirato dal diario trovato da un altro membro del gruppo, Jeremy Michael Ward, che descrive la storia di un ragazzo incredibilmente simile a quella di Jeremy. Il primo pezzo è una dichiarazione d’intenti, un incipit di chitarra acustica dolce e sognante che si evolve poi in un rock elettrico sanguigno e distorto.
Sono molti gli elementi stilistici che legano questo disco, e direi tutta la produzione dei Mars Volta, al progressive degli anni settanta, sicuramente l’idea di mescolare il rock con altri generi più “colti”, armonizzazioni audaci e poliritmie, dilatate partiture d’atmosfera, ambient, rumorismi ed orchestrazioni dissonanti, l’idea stessa del concept album deriva da lì, ma in questo disco vivono anche le radici latine dei Mars Volta, che sono Statunitensi, ma di quella parte degli Stati Uniti dove lo spagnolo è probabilmente la lingua più diffusa. Ed è così che alcuni testi sono in spagnolo, che la salsa cubana fa capolino in qualche brano, fiati sconnessi da fiesta chicana volano sopra la voce e le chitarre elettriche.
Giocano con l’effettistica, con una certa attitudine hard core (mi vengono alla mente i Deftones di White Pony) con pezzi che arrivano a 12 minuti di sangue ed estraniamento.
Un disco registrato molto bene, suonato da musicisti sopraffini, (in particolare è assolutamente emozionante e variopinta la voce di Celdric) cui, però, bisogna concedere più di un ascolto. Dopo un po’ riuscirete ad averlo in sottofondo mentre stirate, fate da mangiare o leggete, ma un primo accesso (ed un secondo anche) esige un ascolto attento. Sarà per la poca attenzione di molti, quindi, che questo lavoro ha diviso la critica?