Bjork – Selmasongs
Non sono assolutamente obiettivo quando parlo del Folletto Islandese. A mio parere non ha sbagliato un disco, ed il suo modo di fare musica e cantare sono cresciuti e maturati con lei. Si trova a suo agio quando strizza l’occhio alla house da club, quando gioca con l’elettronica, quando flirta con il trip hop, quando canta jazz (assolutamente da avere il suo lavoro con il Gudmundar Ingólfssonar Trio, il particolarissimo Gling-Glò).
Ha fatto di tutto, sempre spingendo sull’acceleratore dell’avanguardia, ma senza perdere il dono dell’accessibilità, a volte scontentando qualcuno, ma facendo sempre strabuzzare gli occhi a chi aveva orecchie per ascoltare la musica e cuore da donare alla sua voce.
Lars Von Trier, regista Danese (tralasciamo digressioni sul suo Dogma e sul suo modo tanto originale quanto discutibile di fare cinema) la volle per il suo musical Dancer in the Dark, in cui Bjork, oltre a cantare ed interpretare il ruolo della protagonista Selma, avrebbe anche dovuto scriverne le musiche. Quello di Bjork non è certo l’unico esempio di musicista pop, o comunque o comunque proveniente da musica “non colta”, che si sia confrontato con un’intera colonna sonora, possiamo ricordare Trent Treznor (Mr. Nine Inch Nails) con Lost Highways, Badly Drown Boy con About a Boy, o i Toto con Dune, Prince ed il suo Batman, ma il caso di questo album è peculiare perché, al contrario di molti dei precedenti, non si tratta di una compilazione di pezzi “in tema” con il film, o di una manciata di canzoni composte appositamente per il film. E’ abbastanza riduttivo parlare di colonna sonora, in quanto, essendo Dancer in the Dark un musical, le musiche sono parte integrante e fondamentale, al pari della regia o degli attori o delle luci, e più dei pezzi presenti nelle colonne sonore, per così dire, tradizionali.
Quindi la musica è complementare al film. Ma frammenti del film sono usati compositivamente per fare musica. Senza addentrarmi nella trama, per non rovinarvi un eventuale (auspicabile) visione, dirò semplicemente che Selma, angustiata da grossi problemi, si rifugia nella musica, e più precisamente nella sua passione per i musical. E’ così che, mentre è al lavoro in una stamperia di metallo, il rumore delle presse prendono forma ritmica ed armonica, su cui lei inventa e sogna melodie da cantare, il treno che passa, il campanello di una bicicletta, tutto può diventare musica, ed in questa affoga la fantasia di Selma.
Nel disco questo si sente bene, I’ve Seen it All comincia proprio con il ciuf ciuf di un treno, Cvalda (duetto con una sorprendente Catherine Deneuve) dal frastuono delle presse e delle frese della fabbrica in cui Selma lavora, 107 steps dal rumore di passi che la avvicinano al suo destino e così via.
Insomma siamo di fronte ad un vero e proprio esempio di un disco la cui spina dorsale è la Musica Concreta! Certo, ci sono casi strepitosi di dischi di industrial o elettronica “intelligente” in cui molti suoni sono campionati dalla strada, dal traffico, dalle fabbriche e poi sono utilizzati in modo musicale, ma in questo caso questi suoni non vengono snaturati della propria origine, perché l’intento è far intuire all’ascoltatore che Selma stia cantando in una fabbrica, ipnotizzata dal rumore ritmico delle macchine, che stia camminando pericolosamente sul vagone di un treno merci, cantando di ciò che ha visto e vedrà, al ritmo degli sbuffi di vapore e così via. Nel film, come nel disco, Selma-Bjork si estrania sempre più dalla realtà, utilizzando proprio i suoni reali come chiave per aprire la porta che va dal mondo reale a quello fantastico dei suoi amati musical.
In questo caso Bjork non può permettersi di comporre un disco di elettronica, non può farlo perché lo scopo finale del progetto è un altro, va da sé che i ritmi danzerecci cui ci aveva abituati nei lavori precedenti lasciano il posto a melodie ampie ed ariose, Si troveranno sicuramente influenze drum’n bass, le sue relazioni artistiche (e non) con Goldie e Tricky hanno lasciato il segno, ci saranno bassi possenti e si sentirà la puzza del fumo ed il profumo del gin tonic dei club londinesi, ma questo disco è sicuramente qualcosa di diverso nella produzione della piccola islandese.
In realtà quello che ascolterete mettendo il dischetto nel lettore CD non sarà esattamente la musica che vi accompagnerà vedendo il film, i pezzi, infatti, son stati registrati una seconda volta, non sono, insomma, le versioni originali del film, ma delle nuove incisioni “a posteriori”. E se questo, da un lato, ci fa patire a mancanza di una struggente My favourite things cantata a cappella, presente nella parte finale di Dancer in the Dark, dall’altro ci regala uno splendido duetto con Tom York. Le voci dei due si intrecciano magistralmente in I’ve seen it all, pezzo che potremmo quasi considerare il manifesto del film e dell’intero album.
La bellezza di questo disco sta nella tensione emotiva che riesce a creare e tenere dall’inizio alla fine, aumentando l’intensità drammatica dei pezzi, il lirismo e soprattutto la “teatralità” della voce di Bjork che raggiunge picchi interpretativi notevoli.
E’ bello avere conferme da Bjork, ma chissà perché, è ancor più piacevole farsi stupire da lei! Notevole, impegnativo ed innovativo.