Sarti 19 + Marydim

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Dopo qualche tempo torniamo ad occuparci della Ululati dall’Underground record. L’etichetta fiorentina, dopo averci proposto band emergenti di buon livello come Acid Brains e Ondamedia, ci ha fatto pervenire due cd molto diversi tra loro, che riescono però a convincere solo in parte.

www.marydim.it

Il primo lavoro di ci occupiamo è l’Extended played di Marydim “La stanza che mi manca”. Sei tracks di livellato profilo, che con il suo pop disadorno ed evanescente, si perde in arrangiamenti privi di originalità proponendo un sound da piano-bar come nel caso della titletrack, oppure sonorità che sembrano imparentate con i jingle televisivi, come la culinaria “Come in uno shaker”. Il disco fatica a riprendersi con “Di domenica”, in cui la voce di Mariangela sembra funzionare in miglior modo, supportata da un sound più centrato e suasivo, nettamente più piacevole del testo-ricetta di “Cattiva”. Di tutt’altro genere appare la bella “Il controsenso delle cose”, che con le sue movenze fifthteen, riesce ad emergere dall’incavo.
A mio avviso è proprio questo il sentiero da percorrere, una musica che esca dall’insipido e possa regalare emozione a chi la ascolta. Un brano come quello conclusivo, se ben supportato, potrebbe senza difficoltà arrivare ad ottenere il successo che molti brani riescono a conseguire nel mainstream, magari riuscendo a divenire gemella popcult di brani come “Tropicana” del Gruppo Italiano o “Dammi tre parole” di Valeria Rossi, trascinando con se la spensieratezza di un timbro allegro e leggero.

Insomma un disco che purtroppo, nonostante qualche lieta nota, che fa ben sperare per il futuro, appare troppo legato al sound anni ’80, diretto ad un target pre-adolescenziale… un vero delitto, valutata la buona potenzialità della voce di Marydim.

TRACKLIST:
1- la stanza che mi manca
2- come in uno shaker
3- di domenica
4- cattiva
5- baracca e burattini
6- il controsenso delle cose

www.sarti19.com

Il secondo Ep di cui ci occupiamo è “L’immagine- è a puro scopo dimostrativo” dei Sarti 19. Il quartetto emiliano propone cinque brani di discreto rock, da cui ancora traspare la paura di osare e al contempo la voglia di arrivare. Infatti, nonostante la quadratura del cerchio non sia stata ancora raggiunta, sin dal primo brano ci si lascia piacevolmente trasportare da sonorità, che per certi versi sembrano ricordare gli ultimi Heroes del silenzio. Il gruppo riesce, grazie anche all’originale vocal style, ad unire un suono prettamente rock ad improvvisi inserti funkeggianti, come in “L’ultimo addio”, in cui i lirismi riescono a giocare con un originale miscela ironico-cacofonica (..un due piazze di pazzie per fare a pezzi un’anmima…).
Dopo un attento ascolto il brano mi maggior caratura sembra essere “Le mani sono qui”, in cui la rabbia estrinseca, si unisce abilmente a graffianti riff grazie al collante di Teo Colonna, che con il suo basso rimane troppo spesso nell’ombra, ma che riesce a far trapelare le sue ottime qualità. Sulla medesima scia si colloca anche l’easy power rock di “Metà della mela”, in cui finalmente esce alla luce del sole la risma di Bertolini, che nonostante talvolta si perda nei ritmi più elevati, appare un buon talento in crescita.

Una band che a quanto detto, può essere classificata tra il pop ed il power rock contaminato, ma che manca ancora di una doppia cassa, di maggior cattiveria e ardimento, che forse potrebbero trovare nel fertile terreno alternative…ma forse tutto ciò che ci è stato mostrato…è (ancora) a puro scopo dimostrativo.

TRACKLIST
1. Drago
2. L’ultimo addio
3. Le mani sono qui
4. Metà della mela
5. Rainbow Island