Miles Davis – Workin’ with the Miles Davis quintet.
Miles Davis, John Coltrane, Red Garland, Paul Chambers, Philly Joe Jones. Praticamente un pezzo di storia dell’intera avventura del jazz.
Di Miles Davis si è scritto tutto, recensioni, monografie, biografie; stesso dicasi per Coltrane che praticamente è IL sax tenore per antonomasia assieme a Cannonball Adderley. Ascoltare questo quintetto dal vivo oggi sarebbe come ascoltare un gruppo con la crema dei musicisti rock di oggi, qualcosa cioè, che faccia tremare le vene dei polsi.
Questo Workin’ with the Miles Davis quintet è stato una mia ultima scoperta nel senso che, acquistandolo recentemente, mi sono reso conto di non aver nulla nella mia discoteca che vantasse tanta nobiltà in un quintetto jazz.
Il cd si apre con una spendida ballata (ma è corretto parlare di ballate con il jazz?) It never entered my mind, tessuta dalle note del piano di Red Garland e sostenuta da uno struggente inizio di Miles. Un pezzo cristallino, oserei dire. Four, il secondo pezzo è più prorompente con un assolo fragoroso della batteria di Jones, anche qui, come del resto nella maggior parte del cd, la parte del leone la fa la tromba di Miles Davis che, inarcandosi in assoli sempre impeccabili lascia il segno ovunque.
Four è il primo pezzo in cui Coltrane lsi impone in modo autorevole sostituendosi a Davis, perfettamente sostenuto dal basso di Chambers e dai piatti cristallini di Jones.
L’ascolto, è innegabile, fila via che è un piacere. Le tracce e gli assoli si dipanano con crescente vitalità e ispirazione. Dai titoli delle tracce contenute nel cd poi, immaginavo che Trane’s Blues fosse maggiormente incentrata prorpio sul sax di Coltrane. Contrariamente alle aspettative invece è sempre Davis che apre le danze quasi introducendo, il fraseggio del sax.
Con due personalità così di spicco è ovvio che gli strumenti che la fanno da padrone nel cd siano proprio la tromba di Miles Davis, e il sax di Coltrane. Gli altri ci sono, specie il piano che fa caolino quà e là, ma i tempi li dettano loro, Davis e Coltrane, quasi a volersi sfidare nota dopo nota, rispettosi l’uno dell’altro, mai avari di spazio ma consapevoli del loro peso artistico.
L’unico episodio in cui i due si fanno virtualmente da parte è Ahmad’s blues, il brano più lungo dell’intero album, dove invece sono piano, basso e percussioni a dettar legge, e sempre con classe assoluta.
Ha senso per voi acquistare questo cd? Per rispondervi da soli basta che diate un’occhiata a un qualsiasi libro che parli di Jazz. Le voci che corrispondono a Davis e Coltrane non vi lascerebbero dubbi. Questo è un cd che, seppur non sia annoverato negli annali della storia del Jazz come ad esempio Birth of the cool di Davis o A love supreme di Coltrane, brilla di luce pura e saprà scaldarvi nelle fredde serate che passate davanti allo stereo.
Altra cosa che lo rende imperdibile, come la maggior parte dei cd jazz dello stesso periodo, è il fatto di essere nella fascia dei cd a basso prezzo.
C’è altro da desiderare? Fatemi sapere se vi è piaciuto.