L’arte dei Rumori. La musica futurista, Luigi Russolo

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Oggi il rumore trionfa e domina sovrano sulla sensibilità degli uomini

Sono esattamente 35 anni che mi sento rivolgere questa domanda: “Ma come fai ad ascoltare ‘sta roba? ”. Difficile rispondere.

Ogni volta che mi capita l’occasione, non perdo certo la possibilità di portare avanti una necessaria apologia alla mia soggettività. Pertanto, quale migliore occasione per parlare di uno dei saggi più interessanti di questo 2016: L’arte dei rumori. La musica futurista? Una necessità culturale, ma al contempo una ricerca introspettiva che ha potuto, ancora una volta, avvalorare il mio interesse e la mia piacevole attrazione nei confronti della signorina Alos?, dello sperimentalismo di Xavier Iriondo, del mondo poliedrico di Eraldo Bernocchi o più semplicemente degli estremismi dei Carnal Disfigurment o Mondo Cannibale.

Pertanto, per rispondere alla domanda di incipit, sarebbe sufficiente citare Il Manifesto futurista (del 1916), in cui si legge: “Ogni manifestazione della nostra vita è accompagnata dal rumore. Il rumore è quindi famigliare al nostro orecchio, ed ha il potere di richiamarci immediatamente alla vita stessa.

La straordinaria opera, edita da Auditorium editore, offre a curiosi, studiosi, musicisti e (permettetemi di dirlo con cognizione politica) nostalgici, un attento e particolareggiato viaggio nel futurismo di Marinetti, Boccioni e Russolo. Raccontato in maniera da abbracciare arti divergenti e convergenti della corrente futurista, l’opera descrive la ricercata liberazione culturale di un passato scomodo, ristrutturandolo e distruggendolo in maniera decisamente lontana dalla tradizione, proprio come in una sorta di primordiale atteggiamento Punk, qui allineato ad una concreta esaltazione del movimento, della dinamica e della tecnologia.

Le 200 pagine, estratte dalla collana Rumori, curata da Claudio Chianura, ci invitano a godere in maniera attrattiva ed impeccabile di poesia, pittura, scrittura, teatro e ovviamente musica, intesa spesso come un’avvolgente e scomoda esperienza sperimentale, in cui l’inventiva, la provocazione e lo sguardo avanguardista fungono da essenziale coraggio onirico. Un sogno affascinante che trova la sua concretezza nell’invenzione degli intonarumori di Luigi Russolo, in grado di donare un reale arricchimento sonoro; un’infinita varietà di suoni e rumori intonati e regolati armonicamente e ritmicamente . Un essenziale allargamento coloristico del sistema diatonico-cromatico, in grado di raggiungere così la vivacità dell’innovativo pensiero enarmonico, posto tra ragionate e infinite sfumature soniche, rapite dalla natura industriale e (ahimé) dallo sguardo guerrafondaio del ventennio, fino alle straordinarie elucubrazioni sui rumori del linguaggio stesso, portato all’audace uso dell’ onomatopea… e chi di voi conosce i Voivod sa che cosa intendevano i futuristi.