Mali – viaggio nella musica
Mentre il virtuoso della kora Toumani Diabate vinceva il Grammy assieme allo scomparso Ali Farka Toure, con il disco In the Heart of the Moon, io ero a Bamako, nella casa di Bajalan 3 in cui Toumani passa i pomeriggi e le sere, suonando e ricevendo giornalisti, musicisti, amici o anche semplicemente gente del quartiere alle prese con i disagi più disparati.
Dopo la preghiera del tramonto Toumani lo si trova seduto accanto alla porta di casa, nella penombra di una città che non conosce illuminazione pubblica, accanto al canale di scarico che costeggia la stradae dal quale, assieme all’odore di putrido a cui ci siamo oramai abituati, si alzano in volo nugoli di zanzare assetate. Abituando la vista all’oscurità lo si scorge, con indosso la consueta larga veste inamidata da djeli che arriva alle caviglie, color verde scuro. A tratti si ode la sua voce, profonda e coinvolgente, mentre incoraggia un mendicante, un nipote, o un giovane musicista venuto ad omaggiare la sua grandezza.
E’ impossibile parlare con lui più di una manciata di minuti, c’è sempre qualcuno che attende, e che dopo un pò interrompe per chiedere qualcosa, o anche soltanto per salutare. Ma quella sera, in attesa di partire per Los Angeles per ritirare il prestigioso premio, è più libero del solito. E’ di ottimo umore, e si intrattiene con noi per parlare del suo nuovo disco che sta per uscire, per raccontare qualcosa della grandezza di Ali Farka e per accennare al suo stato di salute, soffermandosi poi ad ascoltare un giovane americano seduto accanto a noi, arrivato fin li semplicemente per suonare la kora davanti al maestro, nella speranza di strappargli qualche prezioso consiglio. Toumani lo interrompe e gli suggerisce alcune variazioni in levare di certi arpeggi, prima canticchiandole, poi prendendo la kora e cominciando a suonare. Le sue dita si muovono veloci a pizzicare le corde, accennado un tema e delle sottili vaiazioni, che si incrociano, si scontrano e si separano, cambiano passo, tempo, spazio. Il ragazzo americano sorride con un pizzico di imbarazzo, mentre Toumani parla, e suona, fino a che non gli lascia di nuovo la kora e lo incoraggia ad esercitarsi ancora. Poi afferra saldamente la stampella con la quale si aiuta per camminare, si alza, saluta con calore tutti i presenti e sale in auto per recarsi in aereoporto.
Io e Fabrizio siamo arrivati a Bamako da poco più di due settimane, anche se sembrano essere passati due mesi. Nonostante le interminabili attese, i lunghi e caldi pomeriggi oziosi passati sulle sdraio a chiacchierare e a scacciare le mosche, o davanti al vecchio televisore per seguire le eliminatorie della Coppa d’Africa di calcio, gli accadimenti quotidiani sono talmente forti e carichi di cose che la nostra stessa percezione del tempo ne è stata distorta. Normalmente siamo abituati a vivere emozioni in modo molto più diluito di come invece avviene qui.
Nella settimana in cui Toumani è negli States la casa dove viviamo è insolitamente tranquilla. E’ Mammadou a suonare all’Hogon quel venerdì notte, assieme alla Symmetric Orchestra in formazione un po’ dimessa. Suona quattro o cinque pezzi, o “morsi”, come li chiamano qui. Sabato è il giorno del ritorno di Toumani con il Grammy, e si respira una eccitazione tutta particolare. E’ mattina, e Mambi, il guardiano di Bajalan 3, pulisce con cura il cortile e i ballatoi., mentre la bottega di Nyame lavora a pieno ritmo per acconciare le capigliature delle donne.
Quel pomeriggio si svolgerà anche la finale della Coppa d’Africa, in cui al paese ospitante, l’Egitto, si contrappone la Costa d’Avorio, paese dell’Africa Occidentale in cui nel nord vive una minoranza mandengue. Il Mali non è stato selezionato per partecipare, mentre la Guinea e il Senegal, gli altri due paesi dell’area mandengue, sono stati eliminati rispettivamente negli ottavi e in semifinale. Ignorando i confini delle nazioni imposti dagli europei ai tempi delle colonie, l’identità etnica impone ai cittafini di Bamako di tifare Costa d’Avorio, e anche a Bajalan 3 ci si prepara cucendo una bandiera con il tricolore arancione, bianco e verde.
Purtroppo la finale è una delusione per tutti, la Costa d’Avorio perde ai rigori. Pazienza, almeno noi avremo ugualmente la nostra festa, è oramai l’ora di prepararsi per l’arrivo di Toumani. Prendiamo accordi con Mamadou Kouyate, uno dei cantanti della Symmetric Orchestra che vive a Bajalan 3 e ha un vecchio Mercedes 190 diesel al quale ha cambiato gli ammortizzatori da pochi giorni. Sarà lui a portare me, Fabrizio, Ibu e Mamadou Diabate nei vari luoghi in cui si svolgeranno i festeggiamenti, a cominciare dalla casa della gran famiglia. La legge del Mali l’hanno suggerita i francesi, e prevede che un uomo si sposi ufficialmente con una sola donna, ma la religone islamica, che regola la vita sociale al di là delle ipocrisie burocratiche, consente invece di avere fino a tre mogli ufficiali. Toumani ne ha due, ma la prima resta per tradizione la più importante.
Alle 18 ci rechiamo alla residenza della grande famiglia, dove abitano anche i figli più grandi di Toumani, tra cui Djelika, alla quale è dedicato uno dei suoi dischi più belli, e Sidiki, che ha 14 anni e già fa con la kora quello che vuole. Mentre aspettiamo i pulmini inviati dal governo salutiamo le donne della casa che fu del padre di Toumani, la vecchia madre, la prima moglie e le sorelle. Intanto fuori piano piano si radunano parenti e amici. Nel cortile accanto vive la famiglia di Ballake Sissoko, altro gigante della kora che con Toumani, suo cugino, ha inciso New Ancient Strings, un album per due kora che è considerato uno dei grandi capolavori della musica africana. Prima di loro anche i rispettivi padri, Sidiki Diabate e Djelimady Sissoko, registrarono un disco di sola kora, intitolato Cordes Anciennes, che ancora oggi viene suonato da Radio Mali il giorno dell’indipendenza. Anche se Ballake è a Parigi, la sua famiglia si sta preparando per festeggiare il ritorno del cugino. Fuori dall’ingresso due giovani suonano la kora, mentre alcune ragazze vestite a festa siedono allegre e parlano assieme.
I pulmini del governo non arrivano, e la tensione dell’attesa cresce. Quando i percussionisti non riescono più a trattenersi, esplode la festa nel cortile di casa, guidata dai sabar, dai djembe e dai doundoun, mentre le ragazze giovani si lanciano in fugaci assoli di danza. Passa mezz’ora prima che all’esterno del cortile arrivino finalmente i pulmini, intorno ai quali la gente si affolla per assicurarsi un passaggio per l’aeroporto. Le persone si stipano all’inverosimile nelle strette cabine di lamiera de pulmini, compresi i percussionisti, che oramai non riescono più a smettere di suonare. Tutti quelli rimasti a terra cercano freneticamente un posto in qualche auto, e nel Mercedes di Kouyate, i cui finestrini posteriori non si aprono, ci ritroviamo in sei. Anche se il sole è oramai tramontato siamo in Africa, fa caldo, e gli odori dei nostri corpi si mischiano a quello della tappezzeria di velluto impregnata di polvere Quando finalmente arriva il momento di partire per l’aereoporto, dai pulmini si ode forte e chiaro il ritmo dei djembe e il tintinniio delle campane. Infine il corteo motorizzato si immette risolutamente nell traffico del sabato sera a Bamako.
Superiamo a fatica il lungo ponte sul Niger intasato dalle macchne, e arriviamo in aereoporto con largo anticipo, anche perché il volo da Parigi è in ritardo. Dopo poco si accende la festa nel piazzale antistante all’aereoporto. I percussionisti si lanciano in lunghi brani in crescendo, mentre le donne, e soprattutto le bambine, trascinate da Djelika, si scatenano nelle danze. Djelika è una furia. Balla come un ossesso roteando il bacino e sollevandosi la maglietta, mentre accanto a lei una bambina che avrà meno di 10 anni si piega in avanti e fa vibrare il suo minuscolo sedere, imitando le movenze sensuali delle donne con un tale grazioso impeto da costringere la madre divertita e imbarazzata ad afferrarla per un braccio per portarla via. Tutti ridono.
Toumani atterra dopo le 22. Riusciamo a salutarlo e a stringergli la mano prima che venga inghiottito dalla folla. Poi sale in macchina assieme ai bambini, figli e nipoti, e dietro di lui l’aereoporto si svuota. La sua prima tappa è la casa di Ali Farka Toure, ma questa storia è stata già raccontata.
Arriviamo poi nel cortile della casa della gran famiglia dove si scatena ancora la festa, ma stavolta i protagonisti sono i djeli. Vestiti con gli abiti tradizionali, uno alla volta si fanno largo tra la folla e cantano, o declamano le loro storie. Un vecchio djeli canta della sua vita miserabile, in cui si intuisce che il festeggiato possa avere qualche responsabilità o possa porvi rimedio, una storia triste e intensa al punto che gli occhi di Toumani si bagnano di lacrime. Dopo di lui una donna, poi un’altra.
Poi Toumani si congeda, e la festa ha una breve pausa prima di spostarsi nella casa dove vive la seconda moglie. Nel largo cortile sul quale si affacciano il negozio di strumenti musicali e le stanze in affitto con aria condizionata è stato allestito un salotto da cerimonia, con divani in pesante velluto marrone, un’area per l’orchestra e una per i giovani. Le persone arrivano alla spicciolata e si uniscono ai gruppi che fanno conversazione, mentre gli ospiti importanti prendono posto sui divani. In sottofondo suona Boulevard de l’Independance, il nuovo disco di Toumani con la Symmetric Orchestra che deve uscire a fine marzo. Sul palco i tecnici completano i collegamenti e, man mano che arrivano i musicisti, ha luogo un grossolano sound check. C’è El Hadji, il fratello di Toumani che suona la kora prima di lui allo Hogon tutti i venerdì, ci sono Soumayla Kanoute, Mammadou Kouyate e Mangala Camara, i cantanti stabili dell’Orchestra, e c’è anche Kasse Mady, la voce maschile più bella del Mali.
Toumani finalmente arriva assieme a un folto gruppo di ospiti, e nuovamente saluta con trasporto tutti i presenti, senza trascurare nessuno, come si usa in Africa. A iniziare con le lodi formali è una djeli che conosce Toumani sin da piccolo, e prima di lui suo padre e suo nonno. E’ una donna anziana e corpulenta che appartiene alla stirpe dei Kouyate, la djeli di famiglia, la quale, come si usa nella società mandengue, mantiene la conoscenza degli episodi della storia familiare. Dopo di lei attaccano i percussionisti della Symmetric Orchestra, mentre alcune giovani donne, tra cui la splendida e conturbante seconda moglie di Toumani, accennano qualche passo di danza.
E’ la volta quindi di Lucy Duran, la celebre etnomusicologa inglese che ha il merito di aver prodotto i primi dischi di Toumani, e di aver divulgato molta della miglior musica mandengue contemporanea in Europa. La bionda Lucy, raggiante di gioia sincera, prende il microfono e loda il maestro della kora definendolo il più grande strumentista d’Africa, poi intona un canto da djeli in bambara, suscitando grida di approvazione e divertimento in tutta la platea.
Quando l’orchestra comincia a suonare, uno ad uno si alternano i cantanti, a cominciare da Kasse Mady. Mammadou prende il posto di El Hadji alla kora per un brano. Mangala Camara indossa gli stessi pantaloni mimetici e lo stesso cappello da texano con i quali lo abbiamo incrociato il giorno che siamo arrivati a Bamako. Ha bevuto, barcolla buffamente e prende in giro Soumayla Kanoute, mentre gli altri musicisti ridono. Ecco che viene servito pollo con patate fritte in grossi vassoi di metallo e bevande, tra cui per fortuna anche dell’aranciata in bottiglia. La notte va avanti fino a quando è possibile, poi la festa finisce. Sono quasi le cinque del mattino, Bajalan 3 è appena oltre la ferrovia, e domani ci aspetta un altro torrido giorno di festeggiamenti. Ad uno ad uno gli artisti si congedano da Toumani, la cui stanchezza è seconda soltanto alla sua gioia raggiante.
Lucy Duran e Toumani Diabate
foto di Fabrizio Martinez