Gioachino Rossini – La cenerentola, recensione.
Melodramma giocoso in due atti di Jacopo Ferretti
Musica di Gioacchino Rossini
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817
Angiolina/Cenerentola: Cecilia Bartoli
Don Ramiro: William Matteuzzi
Don Magnifico: Enzo Dara
Dandini: Alessandro Corbelli
Alidoro: Michele Pertusi
Clorinda: Fernanda Costa
Tisbe: Gloria Banditelli
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Riccardo Chailly
Etichetta discografica: Decca
Non capita spesso di mettere un CD ed avere la netta sensazione di essere in teatro. Questa edizione mi ha fatto questo effetto.
Non mi riferisco alla qualità tecnica dell’incisione (certamente molto buona), ma all’altissimo livello interpretativo di tutti gli artisti.
Globalmente il cast è fenomenale. Si tratta di voci perfette per lo stile rossiniano (in effetti molti sono stati protagonisti della Rossini Renaissance) che hanno saputo creare l’equilibrio ideale fra vocalità ed interpretazione.
La Bartoli canta ed interpreta come poche altre cantanti hanno saputo fare: la sua emissione è (come sempre) eccellente in tutti i registri, la voce rotonda e corposa. Una tecnica sopraffina che le consente di raggiungere vette espressive altissime. Nonostante si tratti di un’incisione solo audio, se ne avverte chiaramente la presenza scenica, sembra quasi di vedere le espressioni del suo viso mentre se ne ascolta il canto. Questa osservazione peraltro vale per tutti gli interpreti.
Rossini affida alla protagonista il fardello della trasformazione: Angelina entra in scena da figliastra trattata come una serva e arriva alla fine dell’opera come una principessa. Non principessa in un vuoto senso di titolo fine a se stesso, ma in senso soprattutto morale. Ebbene la Bartoli canta in modo da rendere perfettamente percepibile il cambiamento che avviene in questo personaggio.
William Matteuzzi è un altro mostro di tecnica che sfoggia un’estrema dolcezza vocale unita a un’invidiabile facilità nel registro acuto (e sovracuto!). Voci piene, mezzevoci e pianissimi si alternano con perizia nello scolpire il suo ruolo. Questo Don Ramiro è un personaggio empatico, sincero, che utilizza per un buon motivo il trucchetto di travestirsi da servitore per poter verificare che le sue pretendenti non abbiano cattive intenzioni.
Enzo Dara è forse il miglior basso comico di tutti i tempi (insieme a Sesto Bruscantini). Don Magnifico, come qualsiasi altro personaggio egli abbia interpretato, sembra nascergli dentro con una naturalezza impressionante. Aggiungiamo a questo un’irraggiungibile capacità di pronuncia in quel campo minato che è il sillabato tipico di Rossini (quello che fa nella cosiddetta “aria della tangente” è miracoloso!) ed ecco un interprete che non si dimentica più. Scolpisce parole e note, smorza, rinforza, ammicca e tuona coniugando grandi capacità vocali a immense doti teatrali. Probabilmente, a voler analizzare tutto con puntiglio, il suo registro acuto è a volte un po’ duro. Ma – non me ne vogliano i melomani – chi se ne importa!
Discorso analogo vale per il Dandini di Alessandro Corbelli, anch’egli vocalmente in gran forma e scenicamente magistrale. Gestisce la sua “doppia identità” di falso principe creando situazioni sì molto divertenti, ma mai scioccamente ridicole.
Michele Pertusi sembrerebbe quasi sprecato nel ruolo di Alidoro, se questo non richiedesse un grande cantante quale egli è. Il grande basso parmigiano sfoggia una vocalità perfetta in tutti i registri, compreso quello acuto e tremendamente infido della sua aria “Là del ciel”. Ma a questo siamo abituati. Ancora più notevole è l’espressività che riesce a fornire al suo personaggio, delineato come una figura a metà fra un saggio filosofo di corte e un essere quasi soprannaturale, un deus ex machina che propone e dispone gli altri personaggi come pedine di un’incomprensibile scacchiera.
Ottima prestazione anche delle due sorellastre, Fernanda Costa e Gloria Banditelli.
Aggiungerei che la disamina delle grandi doti vocali dei singoli cantanti non può prescindere da una considerazione più globale. Infatti è proprio nei momenti d’insieme che questi grandi interpreti raggiungono la perfezione teatrale e ci danno la chiave di volta della drammaturgia rossiniana. La perfetta coniugazione fra musica e drammaturgia che viene esibita nei duetti rende questa edizione una delle migliori Cenerentole della discografia. Una sottile e arguta ironia permea lo svolgimento dell’opera, erompendo proprio dall’unione di questi grandi artisti.
Buona la prestazione del coro e dei complessi del Comunale di Bologna guidati da Chailly.
Il Maestro ha costruito con molta precisione la concertazione dell’opera, rendendo però il suono dell’orchestra leggermente troppo “spesso e ottocentesco”, laddove Rossini richiederebbe impostazioni sonore notevolmente più brillanti e trasparenti.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, la qualità dell’incisione è ottima, in linea con gli altri prodotti della Decca. Unica piccola pecca è una dinamica meno estesa di quanto sarebbe auspicabile, soprattutto nei famosi crescendo. Tolto questo, il suono è pulitissimo, definito e corposo con un’ottima timbrica e una resa altrettanto buona del palcoscenico virtuale.
Per gli amanti del grande musicista pesarese ritengo si tratti di un’edizione irrinunciabile.