La Pastorale di Kleiber
Finalmente! Eccomi con un nuovo disco di Carlos Kleiber tra le mani. Si tratta di una primizia assoluta, oggi deve essere il primo giorno di vendita al pubblico, lo osservo golosamente e, ancora prima di ascoltarlo, non ho dubbi: l’ascolto sarà un’esperienza memorabile. Incontrare Kleiber in concerto o in disco è sempre un’esperienza memorabile.
Nato a Berlino nel 1930, naturalizzato argentino, figlio di Erich Kleiber (1890 – 1956) uno dei grandi direttori del secolo scorso, Carlos si concede molto poco al suo pubblico che, nonostante la sua ritrosia, lo ama moltissimo. In attività dalla metà degli anni cinquanta, fa il suo esordio importante a Monaco nel 1968 e da lì inizia una carriera fatta di inviti presso i più grandi teatri del mondo. Persona assai schiva ha un approccio estremamente rigoroso con le composizioni musicali, le sue registrazioni ufficiali proprio grazie, o a causa, di questo estremo rigore, sono poche e tutte importanti, posso citare a memoria: quarta, quinta, settima sinfonia di Beethoven, quarta sinfonia di Brahms, Traviata, Tristano, Cavaliere della Rosa, Franco Cacciatore, terza e ottava di Schubert, un paio di concerti di Capodanno, il concerto per pianoforte di Dvorak, … e adesso finalmente questa sesta di Beethoven … fine.
Tra le grandi occasioni mancate, l’incisione dei concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven con Arturo Benedetti Michelangeli: due miti della musica del novecento che s’incontrarono, fecero qualche prova, scoprirono di non potersi mettere d’accordo nemmeno sui particolari più minuti e si lasciarono.
Ma parliamo di questo cd; dal libretto allegato, le cui note sono stese dalla figlia minore di Kleiber, Lillian, risulta che suo padre ha diretto questa sinfonia una sola ed unica volta il 7 novembre 1983. Da allora, per vent’anni, i nastri originali sono rimasti ben conservati negli archivi della casa discografica, in attesa che il nostro si decidesse a dare il permesso per la pubblicazione. A permesso accordato, i tecnici si accorsero con raccapriccio che i nastri erano deteriorati, fortunatamente esisteva una registrazione su cassetta effettuata appositamente per il figlio di Kleiber. Con stupore ci si accorse che la qualità audio di questa cassetta risultava essere migliore di quella dei nastri in possesso della casa discografica…Le note partono da lì, siamo avvertiti di non aspettarci una qualità audio spettacolare; ma c’importa davvero?
Devo comunque dire che il lavoro fatto dagli ingegneri del suono è stato eccellente, non ci si aspettino suoni di qualità “telefonica”, si tratta in realtà di una registrazione più che dignitosa.
Veniamo a noi.
Ludwig van Beethoven (1770 – 1827) è stato certamente uno dei maggiori compositori di tutti i tempi. Nei cinquantasette anni della sua vita ci ha lasciato un catalogo di poco più di 300 composizioni di cui 138 con numero d’opera e 205 senza numero di catalogazione ed indicate con la sigla WoO (Werke ohne Opuszal). Tra i suoi lavori spiccano per popolarità le sinfonie, le sonate per pianoforte, i quartetti per archi e i concerti per pianoforte e orchestra.
Non è certamente questa la sede per tracciare una storia del compositore e per commentare la sua opera, mi limiterò pertanto a dare qualche sintetica informazione sulla sinfonia Pastorale.
Questa sinfonia porta il numero d’opera 68 e fu eseguita per la prima volta pubblicamente il 22 dicembre 1808 a Vienna, in un programma che comprendeva anche la prima esecuzione pubblica della quinta; l’accoglienza del pubblico non fu entusiastica, veniva rimproverato a Beethoven un secondo movimento troppo lungo.
La sesta sinfonia è il più importante, esempio di “musica a programma” presente nell’opera beethoveniana, vi sono ruscelli mormoranti, temporali, canti di uccelli …
Si tratta di un genere musicale che andava di moda ai primi del diciannovesimo secolo, ma è certo che Beethoven non intendesse scrivere musica meramente descrittiva, tant’è vero che il titolo finale dell’opera indica chiaramente: “Sinfonia Pastorale, ossia memorie della vita in campagna. Più espressione dei sentimenti che pittura”.
Dalla metà del ventesimo secolo la Pastorale è divenuta nota anche ai non appassionati … purchè siano stati bambini …
Walt Disney la utilizzò infatti, in parte, nel suo “Fantasia” per accompagnare le evoluzioni di cavalli alati, ninfe e centauri in un Olimpo gioioso.
Che si tratti di vera musica a programma o meno rimane questione da esperti, si può osservare comunque che la sinfonia è tutta percorsa da senso di intima comunione con la natura, ed anche i titoli apposti dal compositore ai suoi cinque movimenti sono indicativi di questo orientamento. Di seguito riporto questi titoli nella loro traduzione italiana, con le rispettive indicazioni di tempo.
1 – Risveglio di lieti sentimenti all’arrivo in campagna; Allegro ma non troppo;
2 – Scena presso il ruscello; Andante molto mosso;
3 – Gioiosa riunione di contadini; Allegro;
4 – Temporale, Tempesta; Allegro;
5 – Canto pastorale; gioia dopo la tempesta; Allegretto.
Beethoven dà, per questa sinfonia, indicazioni anche sui tempi di esecuzione, per esempio indica per il primo movimento un tempo di 66 “minime” al minuto.
La nostra analisi dell’interpretazione di Kleiber potrebbe partire proprio da qui.
L’indicazione del tempo dovrebbe dare luogo ad esecuzioni molto simili, almeno per la durata. In realtà i direttori d’orchestra, dopo aver preso atto della volontà espressa dai compositori, seguono il più delle volte una propria linea interpretativa ignorando le indicazioni di tempo. Kleiber, rigoroso come sempre, rispetta le indicazioni di Beethoven e la sua esecuzione risulta, soprattutto nel primo movimento, sensibilmente più veloce rispetto alle altre.
Proviamo a confrontare le durate del primo movimento di Kleiber con le due versioni di Abbado (1987) e (2000), quella di Bernstein (1980) e quella di Hogwood (1988). Ecco le durate: Kleiber (8’16), Abbado 1987 (13’24), Abbado 2000 (11’22), Bernstein (11’38), Hogwood (10’29).
Allungare il primo movimento consente ai direttori di accentuare il tono elegiaco di questa pagina musicale, la versione di Kleiber è invece tesa e nervosa, gli attacchi degli archi sono frementi, l’ascoltatore non ha attimi di tregua. Tutto si svolge però senza che la velocità faccia mancare il benché minimo particolare, sembra anzi che il livello di dettaglio sia ancor più elevato che nelle versioni più lente.
Del secondo movimento, più allineato come tempi d’esecuzione, colpiscono soprattutto il timbro degli archi e la nitidezza dell’episodio degli uccelli (uno dei momenti topici della sesta sinfonia), quando la quaglia, il cuculo e l’usignolo, rappresentati rispettivamente dall’oboe, dal flauto e dal clarinetto, mandano i loro richiami: Kleiber ferma il tempo, non esiste al mondo altro che questi richiami che, sul tappeto irreale degli archi, scintillano e svaniscono lasciandoci senza respiro.
Altro momento topico della sesta sinfonia è certamente quella tempesta che troppi direttori (sono esclusi tutti quelli nominati qui) interpretano come: l’uragano Catalina intento a devastare le coste della Florida lasciandosi dietro morte e distruzione. In Kleiber questo episodio, evoca terrori primordiali. Non è la dinamica, è il vento, quelle folate di archi che fanno letteralmente paura. Poi la schiarita luminosa, come se nel fluire della vita gli episodi negativi siano solo punti di collegamento tra momenti di serenità. Non è una tempesta ma il preludio alla “gioia dopo la tempesta”: siamo preda degli elementi, proviamo paura ma sappiamo che il tempo si rasserenerà.
In questo clima il messaggio di speranza dell’allegretto finale è dato in maniera magistrale, la musica sale verso l’inesprimibile lasciandoci semplicemente senza fiato, il tempo è sospeso, si vorrebbe che non finisse mai.
Anche gli spettatori presenti in sala probabilmente hanno provato questo tipo di emozione, alla fine l’applauso si fa attendere, poi scatta incerto, poi si smorza, poi esplode un’ovazione. È sicuro che la maggior parte degli spettatori di un concerto come questo conosca perfettamente il brano che viene eseguito, se l’applauso non scatta immediatamente allo spegnersi della musica c’è una sola spiegazione logica: chi era presente non voleva che finisse!
CONCLUSIONI. Ma davvero serve una conclusione? Di belle e bellissime versioni della sesta sinfonia ne esistono molte, io non le ho ascoltate tutte ma una buona dozzina sì, e questa è la più bella versione che mi sia mai capitato di ascoltare. Le lievi imperfezioni nell’esecuzione e nella ripresa sonora non cambiano questo giudizio.
LAMENTELE. Il cd è di prezzo medio, ma chi decide di acquistarlo deve essere avvertito del fatto che porta a casa un cd mezzo vuoto. Una durata di trentanove minuti e trenta secondi, compresi quasi quattro minuti di applausi, è davvero poco.