Estetica Noir “Purity”, recensione

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Ci sono band che inizio ad apprezzare sin dal nome.

Adoro l’idea avuta dalle Luci della centrale elettrica o dai Management del dolore post operatorio, senza contare la magnificenza folle dei
Exomperitusesqethhzebibšiptugakkathšulweliarzaxulum. Infatti, appare da sempre chiaro il mio amore metaforico verso chi riesce a dare al proprio progetto musicale un’anima (distorta o geniale poco importa), in grado di raccontare la propria musicalità attraverso i cromatismi immaginifici del proprio monicker. E così accade con la nuova band uscita dal rooster della Red Cat Records: Estetica Noir. Un nome perfetto, coerente ed ideale per raccontare il proprio ego sonoro mediante due semplici parole.

La band, nata recentemente attorno ad ideali ed armonie new wave-dark-rock, arriva finalmente ad un debutto atteso e necessario, in cui la “Purezza” vintage segue un sogno nereggiante dai rimandi eighties, pronti ad armonizzarsi a cromatismi contemporanei. Il disco, figlio calcolato del precedente extended played, si mostra agli occhi della gente attraverso un crocicchio di sfumature passatiste definite da un minimalismo espressivo, che si erge per merito di una produzione impeccabile e un accorto songwriting.

Proprio l’arte lirica del quartetto sembra avvivare agli astanti attraverso un’anima osservativa e distaccata, in cui vivono e sopravvivono sguardi legati a temi come degrado e quotidianità.

A dare la giusta iniziazione al full lenght è il ritmo battente e reiterato di Hallow’s Trick, che ci introduce in riuscite venature new wave in cui, sin dalla linea vocale ci si inoltra all’interno di una realtà evocativa di fine anni’80. La sincrasi tra anima sintetica e strutture oscure ci offre un percorso gradevole che può avvicinare anche chi poco mastica la new wave; una traccia che, tra docili ma decisi cambi direttivi, definisce spigoli strutturali di l’estetica dagli ottimi arrangiamenti, a tratti sfioranti il mondo cure, proprio come accade (almeno in parte) con Plastic Noosphere, da cui il mondo dark di metà anni ’80 sembra emergere in maniera naturale e tutt’altro che comparativa. La track, tra le migliori del disco, con i suoi intrugli espressivi e le sue animosità industrial, rappresenta una chiusura di un cerchio; infatti, sarebbe sufficiente ascoltare le prime due tracce, proprio come in un 45 giri in grado di raccontare un disco riuscito ed emozionale, ricco di aspetti musicali e linguistici .

La voce filtrata ci porta poi verso i silenzi estetici di In Heaven , in cui sintesi tra elettronica ed immediatezza espressiva va a fondersi in una apprezzabile pulizia sonora. Un’ energia che si fa atmosferica prima di porci di fronte a note che, come gocce desertiche, definiscono il pattern sonoro della propria struttura per poi condurci verso l’attesa inquietudine di Suicide Walk e l’aurea disintegration di Deluxe Lies Edition . L’interessante armonia tra sensazioni aperte e claustrofobiche (accettabile ossimoro sonico) favoriscono lo sviluppo di un disco eccessivamente diluito e oltre la lunghezza adeguata, ma di certo idoneo nel raccoglie emozioni e strutturazioni decise e impreziosite dall’arrangiamento.

L’ottimo livello la strumentale prosegue poi tra le pieghe oniriche di Hypnagogia , breve ma ben definita, intesa come una sorta di intervallo emozionale pronto a ripartire con i tasti altronici di I’m Not Scared, sino a giungere alle note di You Make Life Better che con le sue nebbie nereggianti offre una visuale aperta e filmica perfetta nel puntellare le sensazioni di un disco ricco di influssi e teoremi legati alla nuova ondata new wave.

Tracklist:

1. Hallow’s Trick
2. Plastic Noosphere
3. In Heaven
4. Suicide Walk
5. I Hate
6. Polarized
7. Deluxe Lies Edition
8. Hypnagogia
9. I’m Not Scared
10. A Dangerous Perfection
11. You Make Life Better