Komatzu “k2”, recensione
Non confondiamoci! I Komatzu celati sotto l’ala protettiva della Go Down Records non sono la super-massive rock band di Eindhoven…quelli, nel monicker, hanno la S e non la Z. I nostri Komatzu sono: Riccardo Camagni, Luca Del Bianco, Maurizio Martoni e Matteo Zoppi, vincitori della prima edizione del Go Down Goes Undergrounds. Una band dedita a forme divergenti di grunge e stoner rock, maturato da un piano (più o meno) quinquennale, in grado di dare alla luce undici tracce che, come si legge dall’info sheet, definiscono una crescita introspettiva; una scalata apparentemente impossibile per idee divenute concrete, granulari e visionarie.
Nel disco, sin dalla metaforica e riuscita cover art, potrete trovare stilemi diversificati di onde sonore che hanno il loro battesimo nell’iniziatica Marbles on the cement, in cui il marchio della band e sembra volersi immediatamente esporre. Una linea di cantato estesa, graffiata e (permettetemi di dirlo) cobaniana.
La traccia di apertura, infatti, sin dal primo ascolto, ci porta tra i cromatismi di quel rivoluzionario Bleach, mostrando aperture sonore vintage, pressate tra auree orientaleggianti ed impulsi stoner, qui piacevolmente innestati su distorsioni terminali che giungono ad aprire gli occhi sulle docili note di 40° Ice. Una profondità sonora pronta ad offrire emozioni inquiete con le quali accompagnarsi inseguendo cambi direttivi al servizio di un’oscura e graffiata narrazione posta alle pendici di Clouds, granuale e credibile.
Con l’incipit di Dust le polveri sonore riportano, invece, ad un mondo Black Sabbath, per poi volgere lo sguardo ad un grunge minimale, pronto ad un intenso picco espressivo che, diluito dei tempi a tratti eccessivi, ci traina verso Prog one, traccia dal sapore retrò, ma perfetta nell’ergersi verso la diretta semplicità del climax narrativo.
La composizione artistica, con i suoi richiami stonerizzati, apre il cuore dell’ascoltatore mediante riff corposi e drum set primitivo, fulcri di un full lenght che trova nei movimenti claustrofobici di Lazzaretto, un riuscito anthem espressivo.
Insomma, un disco che parte da buone e riuscite idee, ma che ancora ( fortunatamente) deve arrivare…perché il retroterra su cui si muove e fertile e ricco.
Tracks:
1. Marbles On The Cement
2. 40°Ice
3. Clouds
4. Dust
5. Prog One
6. My Dog
7. Dust 2
8. Novocaine For The Soul
9. Lazzaretto
10. Darklash
11. Sands