Bologna Violenta “Discordia”, recensione

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“DISCORDIA è un disco che nasce dalle frustrazioni, da sogni infranti, da ingiustizie che alimentano ogni giorno l’odio per ciò che mi sta intorno.”

Senza categoria. Si, Bologna Violenta è per definizione senza categoria, senza freni, senza tempo, senza illusioni. Un project reale che va oltre il reale, valicando i confini sonori nella direttiva spazio-tempo, mostrandosi un continuum narrativo in cui esiste solo il ‘qui e l’adesso’, retto su di un passato in bianco e nero, trucidato da eventi (anti)sociali pronti a raccontarci la decadenza silente e la discordia tra simili.

Questa volta però l’anima di Bologna Violenta (Nicola Manzan) non urla più da solo, ma all’unisono con Alessandro Vagnon, reale valore aggiunto, fulcro di empatia ed insana spinta. L’album, ideale per vivere tra i solchi del vinile, si offre all’elitario e poliedrico astante con una sincrasi naturale tra easy listening e sonorità ardite, poste ai confini di una mal celta rinuncia al comprende. Infatti, ciò che sembrano voler fare i due abili musicisti appare più vicino al concetto di cronaca che non a quello di comprensione.

L’animo folle del silente disco definisce, come da tradizione, una durata grind ed una durezza espressiva ben manifesta nel video anthem di Incredibile lite al supermercato, straordinario impulso narrativo, specchio arguto della quinta opera licenziata da Overdrive Records e distribuita da Goodfellas.

Ad aprire il creato del combo cybergrind è il lieve pianoforte di Paolo Polon, che introduce l’ascoltatore nel suo universo, sviandolo verso un creato lontano e filmico di immutabile durevolezza, in cui le mire cripto soviet si uniscono imprevedibilmente ad un’animosità irreale ed evocativa. Un follia intuita che si erge tra gli spigoli ammorbiditi degli archi. Una lunga introduzione, che rilassa i reali intenti grind noise de il canale dei sadici, folgorante visione isterica di una normalizzata metafora espressiva. Un quotidiano nascosto tra urlanti frustrazioni , ironia e sarcasmo, qui alimentato dal divertissement Un mio amico odia il prog, che nella sua piacevole brevità, giunge a raccontare suoni strappati (Il tempo dell’astinenza) e claustofobiche inquitudini (Leviatano) pronte a restituire un’opaca e perfetta teatralizzazione del nero.

Il disco, geniale e riuscito, come da attesa si offre tra cripto rumorismo , battiti meccanici e ritmiche distorte verso reminiscenze BM, senza però dimenticare inusuali classicismi(I postriboli d’oriente), fagocitati da una ottima libertà esecutiva (Discordia), in cui il mondo narrato avvolge in maniera ipnotica le note.

Un insieme di sampler, sincrasi ed esagerazioni che rendono il platter uno strumento di comunicazione non convenzionale al servizio di una mescolanza insana, posta tra il domani e l’ottocento. Un disco vivo, dinamico e folle quanto un dipinto futurista che ridefinisce i parametri del proprio anticoncettuale neorealismo.

TRACKLIST:

Sigle di telefilm
Il canale dei sadici
Incredibile lite al supermercato
Un mio amico odia il prog
Il tempo dell’astinenza
Leviatano
Chiamala rivolta
L’eterna lotta tra il bene e le macchine
I postriboli d’oriente
Binario morto
Discordia
Lavoro e rapina in Mongolia
Il processo
Passetto
I felici animali del circo
Colonialismo