25 – Adele – recensione cd
Diciamo la verità: la musica di oggi (intesa come “sistema” di distribuzione e fruizione) è radicalmente cambiata rispetto a 10/15 anni fa. Prima gli mp3 scaricati dal web, seguiti dall’avvento delle piattaforme in streaming (la mazzata finale), hanno cambiato tutto radicalmente nel giro di un paio di lustri, tant’è che è impensabile oggi, per un artista, pensare di vendere dischi in quantità industriali, come si faceva una volta. Quando qualcuno ci riesce, però, non si può non gridare al fenomeno ed è anche naturale che ci si interroghi su quali siano gli elementi che abbiano portato all’exploit, come nel caso dell’incontrastata regina del pop internazionale: Adele.
La cantante inglese, tanto per rispondere al quesito appena posto, ha tutte le carte in regola e sinceramente direi proprio che non ha rubato nulla. La sua voce, limpida e sensuale, è un dono della natura che raccoglie il consenso di critica e di pubblico (così come negli anni 80 lo raccolse quella di Whitney Houston e negli anni 90 fecero altrettanto quelle di Celine Dion e Mariah Carey). Quanto alle canzoni, si è sempre affidata alle mani giuste sia in termini di autori che di produzione e dopo aver battuto più di qualche record col suo penultimo LP: “21” la ragazza era attesa al varco della consacrazione o del possibile ridimensionamento. Ebbene, a pochi giorni dall’uscita di “25”, dopo aver ascoltato più volte – con tanto di atmosfera e mezzi appropriati (luce soffusa e ottime cuffie AKG intorno alle orecchie) – posso serenamente affermare che ogni dubbio sembra ormai sciolto e che lo scettro possa ritenersi ancora ben saldo nelle sue mani.
L’approccio è sempre quello giusto, visto che al centro del progetto Adele ha scommesso con decisione su due assi vincenti come la semplicità e la melodia. Nell’album non ci sono praticamente passi falsi, mentre ci sono alcuni pezzi che lasceranno il segno più di altri. Uno fra tutti è il singolo apripista “Hello”, ballata d’altri tempi che scioglie il ghiaccio con una strofa solo piano e voce sulla quale, nel ritornello in crescendo, si stratificano suoni di tastiere d’atmosfera curate alla perfezione. Il testo parla di una donna che ha ferito il suo ex e ora, a distanza di tempo e di spazio, lo chiama per chiedergli scusa, ben sapendo che ormai è troppo tardi per rimediare. Gioiellino.
Non resterà l’unico episodio basato sullo stesso schema, come ad esempio l’incantevole “When we were young”, la splendida “Remedy” o la straziante “All I ask”, storia della fine di un rapporto nel quale, come spesso accade, uno dei due amanti chiede all’altro, quasi per pietà, un ultimo momento d’amore dolce/amaro da vivere insieme per poterlo custodire nel cuore, come ricordo, per sempre. In verità Adele sa emozionare (perché questo fa la differenza, a mio avviso) anche quando il ritmo aumenta leggermente (“Send my lover”, impostata come una sorta di novella “Royals”, di Lorde) o in maniera un po’ più decisa (“Water under the bridge”, nella quale chiede di essere lasciata gentilmente e non in modo crudo), evidenziando la giusta versatilità che è lecito attendersi da un’artista del suo rango.
Cosa aggiungere? In generale ritengo che ci fosse un dannato bisogno di solidi punti di riferimento nell’ambito della musica pop, visto che in troppi hanno col tempo abdicato al trono, sia in campo femminile che maschile (Robbie Williams, George Michael, le succitate reginette d’oltre oceano…hanno raggiunto l’Olimpo e ora si godono le proprie profumate royalty) per cui…bentornata Adele e complimenti davvero…la sfida è aperta.