De Gegori Canta Dylan – Amore e Furto
Premetto che non sono mai stato un fan sfegatato di Francesco De Gregori, ma l’ho sempre rispettato come artista e lo considero “il big” che, in Italia, più di tutti ha tratto la propria ispirazione dalla musica folk/blues americana. Non solo lui non ha mai negato questo suo legame, ma ha sempre ammesso come il suo riferimento principale fosse l’eterno e inimitabile Bob Dylan. Oggi il musicista romano pubblica finalmente una sorta di monografia completamente dedicata a undici cover del “menestrello di Duluth” – tutte meticolosamente tradotte in italiano – intitolata “Amore e furto”, con esplicito riferimento al suo album del 2001 “Love and theft” e al tipo di progetto che intendeva proporre (in fondo ogni cover è una sorta di piccolo scippo, no?).
Nel pescare le canzoni Francesco ha usato, a quanto pare, due criteri: primo, la qualità (sono canzoni bellissime, anche se non tutte delle pietre miliari della discografia Dylaniana) e, secondo, l’adattabilità alla nostra lingua. Al riguardo infatti, pare che abbia dovuto scartare alcuni pezzi validi perché non facilmente “trasportabili”. Anche nel libretto del cd, questo sforzo di fedeltà all’originale è evidenziato dal fatto che i testi vengono riportati in entrambe le versioni (inglese/italiano), uno a fianco all’altro, in parallelo, strofa per strofa, ritornello per ritornello. Il risultato finale è decisamente superiore alle aspettative perché si possono apprezzare sia l’immensità delle liriche di Mr. Zimmermann, sia l’abilità del nostro De Gregori nel correggere il tiro quando la fedeltà all’originale risultava poco funzionale alla musicalità del brano.
Entrando nel merito delle singole scelte, devo dire che fra i pezzi che preferisco in assoluto c’è sicuramente “Servire qualcuno” (“Gotta serve somebody”), un blues elettrico che Dylan incise nel 1979 su “Slow train coming”. Il tema della canzone è l’inevitabile destino di ogni persona: essere costretti a scegliere fra il bene o il male. Chiunque tu sia o comunque tu decida di farti chiamare non esiste una terza via (“Puoi essere un cantante, puoi essere una pop star, puoi avere soldi e droghe, avere donne a volontà, puoi essere un ladrone puoi essere un senatore, possono chiamarti capo o possono chiamarti dottore, ma devi sempre servire qualcuno – forse sarà il diavolo, forse sarà Dio ma devi sempre servire qualcuno”); profonda e nel contempo geniale. Bellissima anche la versione della ballata “I shall be released” – resa celebre dalla collaborazione di Dylan con The Band, di Robbie Robertson e soci – intitolata “Come il giorno” (in realtà già edita in versione live in “MIX”) che parla del sogno della libertà di un prigioniero rinchiuso in un carcere che guarda fuori il mondo dalla sua cella, ascoltando i suoi compagni dichiararsi innocenti. De Gregori prende poi dall’album ormai mitico “Time out of mind”, la splendida “Not dark yet” (Non è buio ancora”), riflessione sulla vita e sulla morte e da “Infidels” la canzone posta in apertura “Un angioletto come te (Sweetheart like you) che è di una dolcezza melodica senza pari.
Il disco chiude alla grande con “Dignità” che ci ricorda quale sia stato, e in parte ancora sia, l’anima e il ruolo della musica rock/folk: ricordarsi sempre degli ultimi per dare voce a chi non ha modo di gridare al mondo le proprie miserie.
Un album semplicemente imperdibile.