Sinatras “Six Sexy Songs”, recensione
We are Sinatras
Grezzi, sporchi e non certo di primo pelo. Si chiamano Sinatras e nascono per volontà di Emanuele Zilio, storico chitarrista degli Strange Corner, attorno al quale si ritrovano menti musicali dal retroterra fertile e divergente, in grado di portare ad un perfetto compimento emozionale l’arte del Death’n’roll. Un incrocio stilistico che, attraversando sottili reminiscenze metalcore, sembra voler assestarsi su di un percorso heavy-punk-garage molto vicino alle sensazioni dei Pantera di Vulgar display of power. Un cocktail andrenalinico in grado di travolgere con violenza l’astante, mostrando doppi pedali e riff granulari, ideali per la cucitura di brani fulminanti, che nulla inventano, ma molto concretizzano.
L’extended played, promosso dalla sempre più vitale Atomic Stuff Promotion, sembra volersi assestare su di una linea underground ben metaforizzata dallo stilismo grafico della cover art, legato alle linee artistiche tipiche delle fanzine anni’80, proprio come dimostra l’incipit del piccolo debut. Infatti, proprio con Contamination il quintetto si mostra nel suo lato più duro e spigoloso, avvicinandosi con naturalezza a rapcore ed heavy, alternando clean ai graffi intensi della linea vocale. Una struttura grezza, proprio come la struttura del disco stesso, che sembra riportare alla mente il format comunicativo del tape trading. Una metodica espressiva che si erge verso i primi Korn, sino a riportare i movimenti verso uno speed thrash iniziatico.
La traccia funziona e conquista a differenza delle ombre mostrate da Frank is back, subito dissolte con l’ottimo movimento di Sunshine, le cui impronte eighties aiutano la marcata sensazione metallica, pronta ad abbracciarsi a cambi direzione ben pianificati.
A condurci poi verso la chiusura è una risata sardonica che funge da bridge con The Game i cui sentori nu metal paiono ideali nel sapersi unire a tracciati pronti a rasentare lo spoken word, momento anticipatorio dell’hard rock ponderato di W.A.F.S. è l’inquieto incipit di All Or Nothing, di certo tra i passaggi più interessanti dell’album.
Un rock allo stato puro, mostrato nel suo lato crudo ed impolverato, da cui si ergono intensi momenti di musicalità underground in grado di ritrovare nel punk le sensazioni di rabbia incanalata e nei riff distorti l’implosa sensazioni di volersi arrampicare su muri solidi, fatti di note scomode.
Track List:
1. Contamination
2. Frank Is Back
3. Sunshine
4. The Game
5. W.A.F.S.
6. All Or Nothing