The Gioconda Smile – Nic Polimeno – recensione cd
Mi sono quasi sempre piaciuti i dischi di esordio. Sì perché, in qualche modo, contengono molto spesso una sinergia di talento, passione e sana spontaneità che solitamente nelle opere seconde (…terze e così via), per una serie di motivi, viene a mancare. E così, con queste aspettative nella testa, ho ascoltato con particolare piacere e attenzione questo “The Gioconda Smile” di Nic Polimeno, giovane chitarrista di Milano che, tuttavia, ha scelto la lingua inglese per iniziare a raccontare le proprie canzoni, prevalentemente impostate in chiave blues.
Il ragazzo deve aver ascoltato parecchio Eric Clapton (sentite la strumentale Kokopo) e John Mayer (Remember the days), perché, un po’ qui un po’ là, è possibile coglierne piacevoli echi, con una padronanza impeccabile dello strumento e decisamente degna di nota.
L’album parte subito fresco e leggero con “Angel eyes” dedicata a una donna così affascinante ed avvenente da fargli sospirare addirittura “…can make a devil outta me”. Pregio del pezzo è di riuscir a evocare le immagini, tanto che sembra quasi di vedersela davanti la signorina, mentre sorseggia il suo caffè nei suoi jeans attillati.
Mi piace molto il piglio più rockeggiante e stradaiolo di “High and dry”. Qui il personaggio si scusa perché ha mollato la sua lei sul più bello, non facendocela proprio a sentirsi legato e, così, non ha potuto fare a meno di darsela a gambe e “volare via”. Nella title track, strumentale, l’uso delle tastiere, accoppiate alla solita chitarra spumeggiante, portano l’ascoltatore su sentieri Steelydaniani che, devo dire, sono una bella goduria per chi ama questo approccio musicale arioso e, nel contempo, tendente sì al virtuosismo, ma mai fine a sé stesso.
Nel bel mezzo del disco, poi, ecco la sorpresa di “Painting the fall” che spiazza e fa salire ancor di più il livello dell’album. Coerentemente con il titolo, si tratta di una ballata autunnale ed acustica, malinconica ma niente affatto deprimente, con quel suo andamento midtempo. Resterà un episodio unico, purtroppo, ma ci fa ben sperare per il futuro perché veramente ben riuscito.
La più pop “Stop your love” e la cover reinterpretata (strumentale e più breve) della beatlesiana “I want you” (da Abbey road”) chiudono in bellezza un cd che consigliamo a chiunque ami il blues, ma soprattutto abbia voglia di ascoltare qualcosa che combini rigore stilistico a spensieratezza, senza mai correre il rischio di annoiare. Sinceramente, nemmeno un minuto.