Summer League

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Finalmente dopo sfortunate vicissitudini, i Summer league escono sul mercato internazionale con “The winners don’t know what they are losing”, la loro opera prima.

Per chi ancora non li conoscesse , la band prodotta dalla label Xforthekids, in collaborazione con Smalltown Guy Records, propone un HC new style di ottima fattura. Il loro nome, cambiato in itinere, rappresenta semplicemente un tributo alla loro passione sportiva per eccellenza: il Basket, che sono soliti praticare al chiar di luna.

Sono nati come gruppo politicamente schierato (antifascista) e liberista (drug free) nel 1999, dopo un’infinita serie di progetti. Andrea, fondatore della Twilight Records e Jean sono stati a lungo bassista e cantante degli Ivory Cage, Davide ha suonato con i toh!, Giovanni era il batterista dei Mishima. Stiamo quindi parlando di musicisti già svezzati da tempo e le buone sonorità di “Winners” sono frutto dell’esperienza previa alla fondazione della band.

L’esordio dei Summer league propone un veloce viaggio nel mondo OI!-Hc, attraverso un sound granitico e mai ridondante. Il miglio brano è probabilmente la track di apertura “When we were strong”, che con i suoi trainanti cambi di velocità racconta la presunta sicurezza dei ventenni. Musicalmente ben confezionato, grazie anche al basso di Andrea che sembra sorreggere da solo la partitura della canzone.

“Close the fist”, atto d’accusa contro uno stato capitalista, basato su consumismo e repressione, si presenta come potenziale singolo dell’EP, uno speed molto vicino ai primi lavori dei D.R.I. L’unico neo del brano è un missaggio non proprio impeccabile; una voce come quella di Giacomo, deve essere tutelata, la sua potenza non può rischiare di perdersi tra i riff del brano.

Felice sorpresa invece per quanto riguarda “Torn apart” in cui viene aggiunta ai semplici ma mai banali ritmi essenziali, la voce OI di Alexandra McPherson. Un cocktail aspro che rende il brano degno di nota, un duetto alla Klasse Kriminale che contiene tutti gli ingredienti necessari per creare un piccolo “must” dell’ hardcore.
L’album si chiude con altri due solidi brani : la politicizzata “Born from exile” e la rabbiosa “Naven”.

Se per il primo brano siamo più vicino a sonorità speed punk, per brano di chiusura, oltre ad un plauso a Giovanni, mastro drums, c’è da evidenziare una serie di cambi di ritmo perfettamente complementati dalla voce turbata e incazzata del vocalist, che ci fa vivere il brano, riuscendo a trasportarci dentro di esso.